Devo al mio amico, culturologo, Marcello Faletra, una lettura attenta, per me convincente, che mi è stata segnalata dal mitico e lucido Bruno Ceccobelli, della banalità, della stupidità furbesca e manipolatrice, aggiungo io, di tanta pseudo arte che si rincorre, si affastella, con la frequenza e la velocità di un treno senza freni e senza orari, come un deragliamento continuo, diventato “normalità”. Con la copertura di una critica, che conosce cento parole (forse meno) e le utilizza così… rimescolandole, in modo da fare apparire vario, ciò che non lo è affatto, di un gioco di immagini, di cose, che non hanno né capo, né coda e che altro non sono se non una rimacinatura di cascami della pubblicità e della informazione quotidiana, quella che è destinata a polverizzarsi, nello stesso momento in cui si manifesta, senza diventare vera comunicazione e cultura. Una rappresentazione della parte piatta della società alienata, reificata, del possedere compulsivo, del consumare “famistico”, come diceva il mio vecchio professore Gino Raya (che allora io prendevo in giro e che oggi mi sembra assumere contorni di veggenza); avere e consumare, senza nessuna qualità, implosa, penetrata negli idola che, distillati, ci penetrano, ci circondano, in modo asfissiante, tanto da creare forte condizionamento, dipendenza, artificiosità mascherata da naturalità: in una post antropologia, che è ineluttabile, per alcuni, e per altri no. Ad essa va opposta, intelligenza attiva, reattiva, capace di giocare la complessità e non farsene giocare.

Per fortuna c’è una quota, non marginale, di uomini di cultura di società pensante, di artisti, di critici, di amanti d’arte, che segue i propri ideali, i propri sogni, anche i propri fantasmi e non si lascia irretire dalla laide (mascherate da belle) sirene del successo di cronaca e rimane (si fa per dire) nel proprio studio, a dire e fare cose che incorporano un pensiero vivo. Perché l’immaginario, non è solo immagine, traccia, cromaticità, immaterialità, materialità metafisicizzata, ma una trasformazione della temporalità, della contemporaneità, facendo tradizione dell’innovazione e sperimentazione, con la qualità e la finezza, senza farsi stritolare dalla tecnica. Lo stesso si può dire dello scambio (tu dai una cosa a me ed io do una cosa a te) che è il contrario del mercatismo senza cuore e senza anima. Si e no! Si può dire, se lo si guarda con attenta benevolenza senza scontare le trappole che si possono nascondere sotto i suoi dorati tappeti, che sono attrazioni fatali per tanta gente, concentrata al guadagno, alla tesaurizzazione, all’investimento, e non al piacere e al godimento. Chi vuole investire, come fosse nell’azionario o capital venture, non pensi all’arte per guadagno, compri altro e lasci il campo a chi vuole circondarsi di cose sublimi, di cose che vogliono suggestioni, visioni, cose mentali che invadono l’anima. C’è una grande lotta, non cruenta, ma profonda, tra la parte materialista della modernità e la parte illuminata di essa; si tratta di una eterna dialettica tra fisica e metafisica, che nella microfisica è totalmente superata dalla quantistica, mentre nella macrofisica è tuttora vigente. Io milito per il valore umano della poesia, della passione, dell’intelligenza.

KLESSIDRA | A CURA DI FRANCESCO GALLO MAZZEO