Si dice che ciascuno di noi, uno per uno, ripercorra durante la propria vita, tutto il percorso cognitivo fatto dall’umanità, nel suo tragitto che l’ha condotta ai nostri giorni, ad oggi. Debuttando con il mondo delle sensazioni e finendo con le dinamiche motorie di risposta
agli stimoli sensoriali, passando attraverso le percezioni, le appercezioni e poi le tempistiche individuali, poetiche e logiche, che decidono per la contemplazione e il monologo interiore, oppure per una condotta del fare, alla fantasia, alla logica. Una molteplice cronologia interiore ed esteriore che induce al reale, al fantastico, conducendo alla forma ragionata, inventata, in perenne trasformazione.
Un immenso contenitore entro cui tutti ci troviamo in “aria”di perenne, mobile, specularità, per cui siamo tutti artisti o artistici, individuando tra i primi quelli che poi chiamiamo inventori, pittori, scultori, musicisti,
poeti, danzatori, cioè tutti quelli che hanno una indole psicologica rivelativa, cioè un ottanta per cento di sogno ad occhi aperti e tutti gli altri che ne hanno un venti per cento, quanto basta per collegarsi ad essi e permettere le forme di una attività artistica di diletto.

Perché gli ottanta per cento immaginari perenni, sono una minoranza, mentre i venti per cento sono la stragrande maggioranza che l’apprezza, la incoraggia, la sostiene, facendola diventare sociale, accolta, riverita; e quando questa viene meno può nascere una deflagrazione platonistica, iconoclasta, eretica, degenerata, realista. Diremo in lata psicologia, che si tratta di una contesa tra Es e Io, buio e luce, che opera in fase fisiologica, quella che genera libertà, che porta la polimorfia, ludica e sofferente, per quanto si voglia, oppure ad una occlusione dogmatica delle menti, delle bocche, delle mani. Il resto lo fa la nostra follia, la passione maniacale, per l’ignoto, per la visionarietà, per la spettacolarità, così come siamo venuti a rappresentarla nella nostra civiltà, di un indeterminato est dell’Oriente, di un determinabile Occidente, con un porosissimo sud, desertico e visionario. E poi le biografie, da quelle di Zeusi e Parrasio, a quelle di Fabullo, dai realizzatori di Nefertiti a quelli della Sindone, in un tracciato storico in cui stanno il “Cristo Velato” di Antonio San Martino e anche le “chimere” di Arcimboldo, la Concezione dei Cappuccini di Roma, i mostri del Goya, le “Citta d’invenzione” di Piranesi.

Ed oggi. Le apparizioni, le forme attuali dell’arte, sono i tagli di Fontana, le materie astruse di Piero Manzoni, i cretti di Burri, i sanguinamenti di Nish, i paesaggi radicali di Beuys e di Piero Gilardi, i blocchi di Hanisch Kapoor, le biologie di Damien Hirst. Oggi, come ieri e come domani!? Non lo sappiamo con precisione e cambiamo giudizi radicalmente, retrocedendo Guido Reni da “Divino” a semplice Reni, esaltando Dante e mettendolo al posto di Petrarca, in quello che appare un vortice del fantastico, dell’immaginario, in cui danzano le paure della vita, le angosce della morte. Mentre la musica suona forte, il mondo diventa “pubblici mondo” e molti inseguono fantasmi.

KLESSIDRA | A CURA DI FRANCESCO GALLO MAZZEO