Nell’Olanda del ‘600, per la precisione, del 1636, scoppia la bolla dei tulipani, forse la prima documentata nella storia del capitalismo. Un anno prima, una vendita di quaranta bulbi venne fatta per la cifra di 100.000 fiorini, in uno dei “collegi ospitanti”, che erano luoghi d’asta, illegali, ma endemici, che esprimevano la voglia di una follia speculativa, che portò ad arricchimenti repentini, a giardini con giochi di specchi, che moltiplicano, illusoriamente, la quantità e la florealità, per visitatori e acquirenti, aumentando la febbre del possesso. Ma poi, accadde, quello che accade a tutte le bolle speculative (e pensate che una tonnellata di burro costava 100 fiorini e otto maiali grassi, 240 fiorini, a paragone con un Semper Augustus – uno, non due – venduto a 6000 fiorini, mentre un reddito medio, annuo, non era più di 150 fiorini). Nel febbraio del 1637, non potendosi più spuntare prezzi folli, incominciarono le svendite, i fallimenti, i suicidi. Nel nostro tempo, i fiori, reggono economie, ancora quella olandese e in Italia, quella ligure, con Sanremo, capitale. Ad un tratto arriva un baldo Blanco.

Ricordo che i latini, per dire bianco dicevano blancus e albus, perchè avevano una diversa sensibilità cromatica e con il primo indicavano il gessoso e con il secondo lucido marmoreo. Blanco, invece canta, in un modo che a me non dice niente, un non imput, che non mi fa dire neanche che non mi piace; ne apprendo adesso l’esistenza adolescenziale, che mi era ignota e tale mi sarebbe stata senza la disfida dei fiori, che non era quella di Barletta o quella della secchia rapita, ma di un malfunzionamento di auricolari, ignoti a Tamagno e a Pavarotti, ma anche a Nilla Pizzi e ad Achille Togliani e a quello che mi dicono, anche a Morandi, Al Bano, Ranieri, presenti sullo stesso palco di Blanco, che prende a calci i fiori, distrugge le fioriere  e trasforma in un informale da suburra, una vetrina floreale del genio compositivo, dando una lezione alla rovescia, rispetto alla magia del giardino all’italiana, che è una composizione di ornato e geometrico. Una brutta pagina della società dello spettacolo a tutti i costi, una sconfitta per la pedagogia e psicologia dell’altro, come fonte del sé, che altrimenti è sterilità.
Non è Narciso, ma narcisismo volgare.

KLESSIDRA | A CURA DI FRANCESCO GALLO MAZZEO