La modernità ha inaugurato fino dal suo nascere il senso del tempo, dell’analogia e della differenza, considerando l’originalità, non più come un errore, come una sgrammaticatura, ma una vettorialità, che ha proprio nell’invenzione, nel mutamento, il suo punto vitale, di ampliamento della coscienza e della memoria, che si riflette anche nel modo di vedere le cose, nella loro poetica, nella loro estetica. In essa hanno preso forma, l’antichità (non più vecchiezza) e la medievalità (non più perdita della tecnica) e nelle sue varie articolazioni, di post-modernità e di alter modernità, tutto è diventato soggettivamente più imperativo e oggettivamente più vero.

Questa premessa concettuale, per dire che attorno al tempio dorico di Segesta (mai finito) e della sua semisepolta città greca, hanno preso posto le opere di tre artisti del nostro tempo, che lavorano, in modi diversi, con materiali “poveri” dal punto di vista della decoratività tradizionale, quanto ricchi da quello concettuale, incarnando il desiderio di essere nel tempo, ma di non essere prigionieri, con una sofisticata e accurata ricerca dei modi e delle forme, capace di trascendere la temporalità cronologica (che è quella della biologia e della biografia) ed entrare nello spirito profondo della contemporaneità, che è fuori dal tempo, capace nello spazio di coniugare la facturalità dei millenni, instaurando un dialogo “impossibile”, ma proprio per questo creativo, sintetico, senza intaccare l’uno che viene da lontano e l’altro che viene da vicino, instaurando una comunità di nuovo mito e nuovo rito. Così le installazioni di Costas Varotsos, con un lungo serpente ottico che alchenicamente connette l’hic e nunc, con il nunc et semper, di Mario Merz che a braccetto con Fibonacci, propone l’armonia di uno e tutto, come sconvolgimento pitagorico dell’universo, di Ignazio Mortellaro la cui torre d’avvistamento capta la musicalità dell’aria, nel respiro del vento e fa nascere un suono scomodo, immenso di Gianni Gebbia. Prosit!

KLESSIDRA | A CURA DI FRANCESCO GALLO MAZZEO